Rifiuti spiaggiati in mostra per testimoniare una volta di più quanto la plastica abbandonata contribuisca all’inquinamento dei nostri mari. Archeoplastica è un’idea di Enzo Suma, guida naturalistica, da anni impegnato come volontario nella pulizia delle coste pugliesi. Scopri di più nel nostro articolo
“Si tratta di un progetto di sensibilizzazione sull’inquinamento del mare causato dalla plastica – ci ha detto Enzo Suma. Lo facciamo usando i rifiuti raccolti sulla spiaggia, oggetti vecchissimi che hanno anche più di 50 anni e che dimostrano che la plastica non si degrada mai.”
Ascolta l’intervista integrale nel podcast che segue.
Enzo Suma, una vita dedicata all’ambiente
“L’idea di Archeoplastica è maturata quando ho trovato per la prima volta un rifiuto di fine anni ’60. Si trattava di una bomboletta spray Ambra Solare con il retro ancora leggibile che riportava il costo in lire. Un rifiuto di oltre 50 anni fa! Quando pubblicai la foto su Facebook scoprii lo stupore della gente nel vedere un prodotto così vecchio ancora in buono stato tra i rifiuti in spiaggia.
E da quel post scaturirono dai lettori tante riflessioni sul problema della plastica. Da quell’episodio ho iniziato a raccogliere sempre di più e a mettere da parte tutti i prodotti vintage di un’età variabile dai trenta ai sessant’anni. Ho imparato a riconoscerli e fino ad ora ho raccolto oltre 200 reperti databili tra gli anni ’60 e gli anni ’80. Alcuni sono davvero spettacolari e riportano ben in evidenza la scritta in lire oltre ad avere uno stile retrò particolare.”
Archeoplastica, il museo degli antichi rifiuti spiaggiati
Da quell’idea il passo verso il museo virtuale dei rifiuti spiaggiati è stato breve. Si tratta di un’esposizione che fa riflettere e che Enzo e il suo gruppo portano soprattutto nelle scuole per fare informazione.
Possibile che la plastica diventi oggetto da esposizione? Sì, quando si tratta di bottiglie, contenitori o flaconi prodotti anche 60 anni fa e arrivati quasi inalterati sulle nostre spiagge oggi. Il messaggio è chiaro: lavoriamo ora sulla sensibilizzazione, sul consumo consapevole per evitare che tra altri 60 anni i nostri rifiuti vengano restituiti dal mare a chi verrà dopo di noi.
Nel sito di Archeoplastica si possono trovare buona parte dei reperti rinvenuti, non solo sulle spiagge pugliesi ma un po’ in tutta Italia dato che in molti hanno aiutato ad implementare la “collezione” inviando oggetti trovati sulle coste di tutto il Paese.
“Abbiamo trovato anche flaconi che arrivano dalla Grecia, dalle coste della Dalmazia, anche dai paesi dell’Africa del Nord. A testimonianza, oltre che della longevità della plastica, anche del numero enorme di chilometri che un rifiuto riesce a compiere galleggiando in mare per decine di anni”.
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Il sito di Archeoplastica riporta un articolo dal titolo “The Mediterranean Plastic Soup: Synthetic polymers in Mediterranean surface Waters” a firma di: Giuseppe Suaria, Carlo G. Avio, Annabella Mineo, Gwendolyn L. Lattin, Marcello G. Magaldi, Genuario Belmonte, Charles J. Moore, Francesco Regoli e Stefano Aliani. Secondo uno studio citato, “il Mar Mediterraneo è attualmente considerata una delle regioni al mondo più colpite per quanto riguarda le microplastiche”. Lo studio scientifico conclude dicendo: “il problema dell’inquinamento da plastica è una questione sociale e comportamentale, le cui cause devono essere ricercate soprattutto a monte nella catena dei consumi”.
La curiosità
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Continuate a monitorare il progetto Archeoplastica perché ci sono molte iniziative in cantiere.
Tutti noi possiamo fare qualcosa per preservare l’ambiente, anche quando scegliamo un capo d’abbigliamento.
Dorotea Rosso
Immagini: Canva
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